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INCONTRO CON ALESSANDRO CHIOLO E TINA MONTINARO



img_7390-1Presso
l’ I.P.S.E.O.A. di Erice si è svolto l’incontro con Alessandro Chiolo, autore del libro “Nome in codice Quarto Savona 15 km 100287 e oltre…”, un libro che racconta di un viaggio, quel viaggio, nel tratto di Capaci dell’autostrada A29 affrontato dal giudice Falcone e dalla propria scorta, vittime il 23 maggio 1992 di un attentato mafioso.
Una carica esplosiva di tritolo spazzò via le vite del giudice  Falcone, della moglie e dei ragazzi della QUARTO SAVONA 15 (nome in codice della scorta).
Sembra la fine di tutto, invece la storia di questo viaggio continua ancora oggi grazie a Tina Montinaro.
Il libro - racconta l’autore - nasce dall’esigenza della memoria, una memoria che sia costruttiva affinché si abbia consapevolezza di ciò che è stato.
Oggi - prosegue Chiolo - avete la possibilità di conoscere Antonio attraverso il racconto di Tina. Noi commemoriamo ogni anno la strage di Capaci, ma per chi è stato coinvolto personalmente il dolore è quotidiano.
Il chilometraggio che leggiamo sulla copertina del libro è quello rimasto nell’auto al momento dell’esplosione; Tina ha fondato l’associazione Quarto Savona 15 per non fermare quei chilometri.
Vogliamo dire ai ragazzi che si può scegliere, abbiamo sempre la possibilità di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è.
Per entrare a far parte della scorta del giudice Falcone - ci dice Chiolo - bisognava essere presentati da qualcuno che ne faceva parte; dopo un periodo di osservazione (circa sei mesi) vi era il colloquio con Falcone il quale chiedeva:” Ma lei è veramente consapevole di quello che viene a fare?”.
L’autore ci parla della sua idea di antimafia che non è quella legata ai riflettori, non si deve fare antimafia ma si è antimafia e per esserlo bisogna passare dalla cultura e dalla scuola.
Interviene la Dirigente Pina Mandina: “Abbiamo vissuto un’epoca in cui la scuola si chiudeva dentro le discipline, oggi invece è e deve continuare ad essere una finestra aperta sul mondo”.

Testimonianza di Tina Montinaro
Antonio faceva parte della questura di Bergamo, si spostò a Palermo per lavoro durante il periodo del maxiprocesso, aveva 24 anni ed era bellissimo. Lui diceva apertamente di aver messo la sua vita a rischio per Falcone, non aveva un’indennità in più per il pericolo che correva, ma prendeva solo lo straordinario.
Avevano denunciato che il percorso in autostrada era altamente rischioso e per questo avevano chiesto l’elicottero, ma era stato negato perché ritenuto troppo costoso.
La rabbia che io provo non è cambiata rispetto a 23 anni fa, Antonio manca a me e ai miei figli nella quotidianità di ogni giorno. Io giro l’Italia e porto in giro la sua memoria, per me è sempre vivo.
Ho avuto la fortuna di stare cinque anni con un uomo che mi ha riempito la vita per altri 23 anni, ecco perché non mi va di dire: sono la vedova di Antonio.
Io faccio il compleanno il 22 maggio, all’inizio questa circostanza mi sembrava brutta poi ho capito che il 22 quando sono impegnata nell’organizzare la commemorazione dell’indomani, lui, nel giorno del mio compleanno, è con me.
Noi - continua Tina - abbiamo una grande responsabilità, finché non verrà fuori tutta la verità non ci sarà giustizia; chi si è seduto a patteggiare con quelle persone è mafioso tanto quanto. In questi anni ho dovuto mandar giù delle cose a forza.
Ricordiamo che lo stato siamo tutti noi, la cosa peggiore è fare numero su questa terra e vivere senza far niente per combattere l’illegalità in tutte le sue forme.
Antonio è una scelta che dura da 23 anni!
Quando leggevo la strage di Capaci e gli uomini della scorta mi dava fastidio, i miei figli sono i figli di Antonio Montinaro, non della scorta. Quando si ricorda Giovanni Falcone bisogna ricordare anche gli altri che erano con lui quel giorno.

INTERVENTI DEGLI ALUNNI
QUANDO E' ANDATA IN DETERMINATE SCUOLE DOVE C'ERANO FIGLI DI MALAVITOSI, COSA HA PROVATO?
Mi è capitato di incontrare figli di mafiosi, e certamente non gli ho stretto la mano per rispetto dei miei figli e  di mio marito. E' sbagliato colpevolizzare i figli, ma loro devono fare delle scelte e dimostrare di vivere nella legalità

HA MAI PENSATO DI ANDAR VIA DA PALERMO?
No, Rosaria Schifani ha deciso di farlo, io sono rimasta a Palermo perché penso che la mia presenza sia importante e finché avrò la possibilità di dare la mia testimonianza lo farò sempre

CHI LE HA DATO LA FORZA DI ANDARE AVANTI E COME HANNO AFFRONTATO I SUOI FIGLI QUESTI ANNI ?
Non è facile, ma avevo due bambini piccoli da crescere e ai quali volevo anche parlare del loro grande padre. Ho cercato per loro e per Antonio di essere forte. Comunque la rabbia ti dà la forza di andare avanti e di lottare per avere giustizia. I miei figli vedendo la mia forza mi sostengono, adesso che sono grandi in qualsiasi posto vanno sono orgogliosi di dire il loro cognome, mentre alcuni figli si devono vergognare di avere i padri vivi.

SECONDO LEI OGGI C’E’ QUALCUNO PER CUI VALE LA PENA MORIRE?
E’ difficile rispondere, sicuramente ci sono tanti magistrati che lavorano con dedizione

PENSA CHE OGGI CI SIA MENO MAFIA?
La mafia c'è, c'è il pizzo, c'è una cultura profondamente intrisa di mafiosità. Si cerca l’amico anche quando si va a comprare una lavatrice.
Solo voi potete fare la differenza, già nelle cabine elettorali, ricordate che chi vi fa delle promesse vi sta comprando.
E’ comodo dire:” Noi che ci possiamo fare?”. Ognuno deve dare il suo contributo.
A me piace dire sempre una frase:” camminare anche a piedi scalzi, ma in piedi, in ginocchio davanti a nessuno”

COME E' CAMBIATA LEI?
Oggi io ho fatto 28 anni di matrimonio, mio marito fisicamente non c'è più, ma per me è sempre presente.

SECONDO LEI CHI LOTTA PER LA GIUSTIZIA E' PROTETTO?
Le persone che si ribellano oggi sono molto poche, ma chi si ribella, per esempio, al pizzo dovrebbe essere più protetto.
La forza e la testimonianza di Tina Montinaro, ci fanno pensare a questi uomini dediti al proprio lavoro, disposti a sacrificare  le  proprie vite per proteggere uno dei più importanti magistrati, che da sempre si era opposto al fenomeno mafioso.
Combattere la mafia, “essere antimafia” è un impegno morale che deve avere come protagonisti tutti.
Anche se la paura in un primo momento ci potrebbe assalire, dobbiamo ricordarci della nostra terra, renderla libera nel ricordo di tutte le vittime, mandare avanti il contachilometri dell’auto della scorta di Falcone, come se non si fosse mai fermata, 100287km ed oltre…


REALIZZATO DA ANTONINO RALLO E VIZZINI MARIA DELLA 3^ B   DELL’ISTITUTO ALBERGHIERO DI ERICE